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“Che tipo di clienti avete?”

Perché, non si possono fare (bene) sia campagne commerciali B2B che campagne sociali? Come mai nessuno ci chiede dove troviamo delle idee così interessanti? Ma se fossimo in un racconto hard boiled, ci rispondereste a brutto muso: “Qui le domande le facciamo noi, chiaro?!?” Chiarissimo. In effetti questa è davvero una Domanda Frequente (le altre le trovate navigando la categoria Un/Frequentely Asked Questions). Quindi risponderemo senza cercare alibi. Prima di cominciare, però, ci togliereste quella lampada dagli occhi?

 

Lo confessiamo: siamo trasversali. Lavoriamo sia per realtà “No profit” che per aziende “Profit? Oh, yes!” , per istituzioni pubbliche e per start up innovative. Ma non facciamo i nomi (sono nella home page) e non inquiniamo le prove (il portfolio ne è pieno): la verità è che la flessibilità è un vantaggio competitivo, soprattutto per i clienti. Perché? Provate a cambiare punto di vista per un attimo. Anzi, per tre volte.

 

Primo. Guardarsi con gli occhi del target. Un’azienda e una onlus hanno in comune una cosa importante: non parlano mai al pubblico. Si rivolgono al proprio pubblico: a quelli, tra i tanti potenziali interlocutori con cui hanno delle affinità, con cui sono riusciti a stabilire un canale di comunicazione. Il compito del creativo è individuare – e possibilmente allargare di qualche grado – quella fettina di grafico a torta. In teoria è un’ovvietà. Ma in pratica molti utenti di comunicazione fanno fatica a guardarsi da fuori. Ed ecco una delle funzioni più avanzate dei Fantastici X-Occhiali di Studio Talpa™. Pensavate che fossero solo dei gadget per fare i deficienti nelle foto, eh?

 

Pensavate che fossero solo gadget per fare i deficienti nelle foto, eh?

Invece, altro che la augmented reality di Facebook o i poveri Google Glasses che prendono polvere nel Museum of Failure. Quando inforchiamo il nostro wearable device magenta… bip! cominciamo vedere le cose dal punto di vista del destinatario della comunicazione. Che possono anche essere molti, con obiettivi differenziati. È quello che è successo a noi con Kamut: nel brief c’era un incrocio di utenti finali, clienti primari, clienti secondari eccetera più complicato di un triello da spaghetti-western. Abbiamo scelto di dare a ognuno di loro strumenti dedicati e la possibilità di “chiedere di più”. L’idea ha funzionato: tra sito web, operazioni sui punti vendita, fiere di settore, gadget e mailing, la community chiedikamut.it continua a crescere.

 

Secondo. Creatività? Roba già vista (ma da un’altra parte). Una nuova idea spesso non è altro che una soluzione già sperimentata in un contesto differente. Dall’orinatoio in una galleria d’arte di Duchamp ai carrelli d’aereo riciclati nella Vespa da Corradino d’Ascanio; da Orson Welles che manda in onda la radiocronaca de “La guerra dei mondi”, a Battiato che manda in classifica un cut and paste di citazioni scolastiche, fino ai meme virali che riciclano all’infinito la stessa immagine… la storia della decontestualizzazione è piena di case history. Ma, come sappiamo, l’advertising non è arte. Un brand deve creare un’innovazione, o almeno una “innovazione percepita”; tranne rari casi, l’obiettivo di comunicazione da raggiungere non è un effetto straniamento surrealista. Quindi gli spostamenti vanno fatti con criterio. Parafrasando una delle citazioni sulla creatività più abusate di sempre: “Il genio è per l’1% ispirazione e per 99% trasposizione.”

 

Il genio è per l’1% ispirazione e per 99% trasposizione.

 

Nota: l’originale recita “traspirazione”, cioè lavoro e fatica. Ma l’autore, Thomas Edison, è passato alla storia come “inventore della lampadina” anche se in realtà ha solo migliorato un brevetto altrui.

 

Una delle nostre lampadine si è accesa quando abbiamo ricevuto l’incarico dal Museo Civico Archeologico di Bologna per la campagna del festival Archeopolis. I committenti non avevano né la possibilità né il desiderio di fare una campagna istituzionale. Così abbiamo creato un’operazione di guerrilla marketing abbinata a un’immagine coordinata che fa gli sberleffi alla tradizione. Che c’entra? Questa strategia, più da “consumer brand ” che da “istituzione culturale pubblica”, non ci sarebbe mai venuta in mente se non avessimo già avuto dimestichezza con la comunicazione commerciale e i media non convenzionali. Il che ci porta al terzo e ultimo punto.

 

Terzo. Dal punto di vista al punto d’ascolto. Valutando un’agenzia, probabilmente anche voi vi sarete chiesti: “Hanno già delle referenze nel nostro stesso settore?” Ma un team creativo iper-settoriale non ha molto senso. Noi non facciamo prodotti: disegniamo ritratti e raccontiamo storie.

 

Noi non facciamo prodotti: disegniamo ritratti e raccontiamo storie.

 

Nella nostra carriera, abbiamo parlato di caldaie agli idraulici e di software agli ICT manager. Ma anche di software agli idraulici. E se volete fare una campagna sulle caldaie rivolta agli ICT manager, noi siamo qui: siamo o no nell’era della internet of things?

Morale del post. Avere un expertise verticale, come dicono i professionals, aiuta (“Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti” cantava Paolo Conte): ma è sufficiente averlo per macro-aree. Quello che fa la differenza è l’occhio allenato: a individuare i tratti fondamentali di ogni narrazione, a riconoscere i codici che identificano ogni settore. Poi entra in gioco la capacità di ascolto. Quest’ultimo soft skill ci è utile quando incontriamo un committente che opera in un settore molto specifico: cosa che capita spesso nella comunicazione below the line e nel marketing B2B. Anche per questo siamo orgogliosi dei Fantastici X-Occhiali di Studio Talpa™. Aiutano ad affinare l’udito, oltre che a sopportare la luce diretta negli occhi. Ma ora che siamo arrivati al terzo punto, il terzo grado è finito. Soddisfatti delle risposte? Potete fare clic sulla lampada. E sulla pagina dei contatti.